Dopo aver causato il fallimento della “Samir” e il licenziamento dei suoi dipendenti… Al-Amoudi chiede una somma “fantastica”

Dopo aver causato il fallimento della società e aver deliberatamente ostacolato il processo di liquidazione in modo sistematico, l’imprenditore saudita-etiope Mohammed Hussein Al-Amoudi, proprietario del gruppo “Coral Petroleum”, chiede un risarcimento esorbitante per la maggior parte del capitale di “Samir”, una raffineria di petrolio.

Al-Amoudi ha chiesto un risarcimento finanziario di 27 miliardi di dirham (2,7 miliardi di dollari) allo Stato marocchino, sostenendo di aver subito molestie e pratiche che hanno portato alla bancarotta della società.

Al-Amoudi, che ha portato al licenziamento di centinaia di dipendenti dell’azienda commettendo irregolarità nella sua gestione, ha iniziato ritardando l’ammodernamento della raffineria, fatto accertato da una relazione di esperti che indagavano sull’incendio avvenuto negli impianti della raffineria nel 2002. Il rapporto evidenziava che le cause dell’incendio erano imputabili allo stato fatiscente degli impianti della società “Samir” e alla mancanza di regolare manutenzione della raffineria dopo la sua privatizzazione.

Al-Amoudi si è rifiutato di apportare il capitale necessario per garantire la continuità della raffineria e ha deliberatamente ostacolato il processo di liquidazione, oltre a presentare offerte fittizie per l’acquisto della raffineria a sconosciuti, con l’obiettivo di sfruttare la situazione per battere il Centro Internazionale per la Raffineria Risoluzione delle controversie sugli investimenti (ICSID), al fine di esagerare ingiustificatamente e irragionevolmente il risarcimento richiesto.

Va notato che lo Stato ha concesso importanti incentivi fiscali al gruppo Al-Amoudi, in particolare esentando l’imposta sul valore aggiunto per sostenere l’equilibrio finanziario della raffineria “Samir” e incoraggiare gli istituti bancari a concedere prestiti vantaggiosi alla società. Negli ultimi anni il Marocco ha inoltre assicurato la sostenibilità delle infrastrutture industriali di “Samir”, considerate un valore strategico per il regno, sostenendo così gli investimenti esteri come leva essenziale per lo sviluppo.

Vale la pena notare che Al-Amoudi, che ha ripreso le sue pratiche di ricatto, inganno e manipolazione, aveva precedentemente trascorso circa 14 mesi dietro le sbarre in Arabia Saudita, come parte di una campagna anti-corruzione, prima di essere rilasciato dalle autorità saudite in all’inizio del 2019.

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